Con ricorso depositato il 14/4/2021 la ricorrente, cittadina indiana assistita dagli avv.ti Stefano Campese e Gabriele Romagnuolo, proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Foggia – Sezione Lavoro, per accertare il carattere discriminatorio della condotta del Comune di Foggia, consistita nell’avere negato alla ricorrente l’ assegno di maternità ex art. 66 legge n. 448/98. Pertanto chiedeva di ordinare al Comune la cessazione della condotta discriminatoria, con condanna dell’Inps al pagamento della stessa. Si costituiva il Comune di Foggia, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice adito e comunque contestandone la fondatezza nel merito, mentre l’Inps rimaneva contumace. Con pronuncia del 26 ottobre 2023 il Tribunale del Lavoro – giudice dott. M. De Simone – emetteva sentenza di accoglimento che, sommariamente, percorreva il seguente iter motivazionale. L’art.12 della direttiva 2011/98 osta ad una normativa nazionale come quella di cui controvertono le parti, in base alla quale il cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell’art. 2 lett. c) della direttiva non può beneficiare della prestazione dell’assegno di natalità e pertanto l’art.1 L.190/2014 nella parte in cui pone come requisito per ottenere la prestazione di cui si discute da parte dei cittadini extracomunitari il possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, deve essere disapplicata, rivestendo una portata discriminatoria che si estende agli atti della pubblica amministrazione che la attuano. Tale impostazione è stata condivisa dalla Corte Costituzionale con sentenza 54/2022 a seguito di rimessione della questione da parte della Corte di Cassazione: “nell’introdurre presupposti reddituali stringenti per il riconoscimento di misure di sostegno alle famiglie più bisognose- scrive la Corte – le disposizioni censurate istituiscono per i soli cittadini di paesi terzi un sistema irragionevolmente più gravoso, che travalica la pur legittima finalità di accordare benefici dello stato sociale a coloro che vantino un soggiorno regolare e non episodico sul territorio della nazione. Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, il Tribunale – si legge nella sentenza – “ordina al Comune di Foggia di cessare la condotta discriminatoria, riconoscendo ai ricorrenti la prestazione richiesta dal dovuto, con condanna al pagamento delle somme non corrisposte (come calcolate dai ricorrenti a carico dall’INPS), oltre agli accessori dal dovuto al saldo”.