Gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), nati alla fine degli anni ’70 in sostituzione dei manicomi criminali come strutture finalizzate alla reclusione e, in teoria, al recupero di persone affette da malattie psichiatriche, sono stati giudicati dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale strutture “inconcepibili” e che devono al “più presto” chiudere.
Da un censimento risalente a gennaio 2012 gli internati nelle sei strutture esistenti sul territorio italiano erano 1.419 (1.323 uomini e 96 donne), tra ospedali psichiatrici giudiziari e case di cura e custodia.
La Corte Costituzionale ha dichiarato (con le sentenze del 2003 e 2004) possibile, anzi necessario, svolgere la misura di sicurezza fuori dall’Opg, per rispondere al bisogno di cura delle persone con soluzioni adeguate, che Opg e carcere non garantiscono.
Da mesi il comitato StopOpg (di cui fa parte anche il Gruppo Abele) e la Presidenza della Repubblica reclamano l’abolizione di queste strutture. L’obiettivo è interrompere l’invio di cittadini in Opg (anche dal carcere), far dimettere e curare quelli attualmente internati, e procedere alla chiusura delle strutture.
Il Governo si è impegnato a chiuderli entro il 31 marzo 2013. Ma quali sono le alternative sanitarie a questi “ultimi residui dell’orrore manicomiale”? Con quali fondi verrà attuato il piano di dismissione e quali sono le garanzie date dal Governo per raggiungere l’obiettivo?
Lo abbiamo chiesto a Stefano Cecconi, portavoce del comitato nazionale StopOpg.
Partiamo dal funzionamento. Chi, secondo l’attuale legge, è recluso negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani?
Se accusato di un reato, l’infermo totale di mente non è sottoponibile a giudizio. Per gli altri casi esistono differenti classificazioni.
Si può finire in Opg se prosciolti per infermità mentale, ma giudicati socialmente pericolosi, oppure (seconda fattispecie) si viene internati per “infermità mentale sopravvenuta”: cioè dal carcere si viene ricoverati in Opg.
Ci sono poi gli “internati provvisori imputati” che, in attesa di essere giudicati, poiché ritenuti socialmente pericolosi, vengono inviati in Opg.
Ancora, esistono gli internati con “vizio parziale di mente”, ma dichiarati “socialmente pericolosi”. Di solito vengono assegnati a una casa di cura e custodia che può essere sostitutiva o aggiuntiva all’Opg.
Infine ci sono i detenuti minorati psichici e i detenuti condannati in cui l’infermità di mente sia sopravvenuta durante l’esecuzione della pena.
Come dovrebbe funzionare la dismissione degli Ospedali psichiatrici giudiziari prevista per entro marzo 2013 e dove andranno a finire le persone che ora si trovano “internate”?
Per il superamento degli Opg andrebbero attuate innanzitutto le “dimissioni senza indugio” che (come affermato dalla Commissione Marino) risultano possibili immediatamente per i due terzi delle persone internate (circa 1000 detenuti sui poco più di 1400). Tali dimissioni sarebbero possibili attraverso la presa in carico dei Dipartimenti di Salute Mentale e porterebbero già alla chiusura di alcuni Opg.
C’è da precisare che cinquecento dei mille detenuti già “dimissibili” si trovano ancora nelle strutture psichiatriche giudiziarie semplicemente perché non esistono servizi che li prendano in carico e così il magistrato ha dovuto disporre la proroga della permanenza.
I restanti, le persone “non dismissibili”, verrebbero affidate a “strutture speciali” (che noi chiamiamo “mini Opg”) o ai Dipartimenti di Salute Mentale con progetti terapeutici riabilitativi individuali, che hanno come fine ultimo la restituzione dell’individuo alla società e contemporaneamente la prevenzione di nuovi internamenti.
Perché sostenete che una volta chiusi gli Opg ci sia il rischio che si (ri)aprano i manicomi?
L’attuazione di alcune parti della nuova legge è in forte ritardo. Così, nell’urgenza di trovare un’alternativa agli Opg entro marzo, si rischia a nostro avviso di ricadere nella re-istituzionalizzazione dei manicomi. L’attenzione di Governo e Regioni è infatti concentrata sull’apertura delle “strutture residenziali speciali” – previste dalla legge 9 in luogo degli attuali Opg – dove eseguire la misura di sicurezza. Tali nuove strutture somigliano fin dalle caratteristiche delineate nel più recente decreto del ministro della salute (risalente a un mese fa) a strutture contenitive, poiché potenziano l’aspetto custodiale. Detto in maniera semplice: assomigliano nel mandato e nella struttura a un manicomio.
Allora, un conto è se le strutture sono “residui”, in cui al trattamento (visti i reati importanti commessi) si associa la custodia del detenuto psichiatrico. Altro conto è se come soluzione agli Opg si creano nuove strutture di mero “contenimento”, del tutto simili ai vecchi manicomi, in cui non sono previsti percorsi di riabilitazione.
A che punto è lo stanziamento dei fondi per l’apertura delle strutture e il finanziamento dei Dipartimenti di Salute Mentale alternativi agli Opg?
Il decreto prevede che i finanziamenti siano in prevalenza destinati alla costruzione e all’attivazione delle “strutture residenziali speciali”, anziché interamente ai Dipartimenti di Salute Mentale per assicurare i progetti terapeutico riabilitativi individuali, e quindi per dimettere gli internati e per prevenire i nuovi internamenti.
Lo stanziamento dei fondi è già stato deciso dall’accordo tra Stato e Regioni. Si parla di 173 milioni con i quali costruire le nuove strutture. Mentre sono 38 milioni nel 2012 e 55 a partire dal 2013 le cifre per la “spesa corrente”, cioé quella che dovrebbe servire per i “budget di salute” delle persone assegnate ai Dipartimenti di Salute Mentale.
Come giudicate il passaggio della gestione delle strutture detentive manicomiali dal Ministero della Giustizia a quello della Sanità? Un settore del welfare italiano già in palese difficoltà può occuparsi anche di queste persone?
Sappiamo della situazione complicata della Sanità italiana, ma fortunatamente il passaggio della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale è stato accompagnato da un finanziamento speciale aggiuntivo di 167 milioni all’anno. Certo, non sono molti. Tuttavia il settore degli Opg sarà stato sovvenzionato da un finanziamento molto consistente (55 milioni all’anno) a partire dal 2013. Se si considerano le 1500 persone circa che attualmente si trovano negli Opg, si parla di quasi 37.000 euro l’anno procapite.
Per assegnare queste risorse, ogni regione deve presentare uno specifico programma assistenziale da approvarsi con Decreto del Ministro della Salute. Dunque, per questo passaggio i soldi ci sono e non verranno dati senza controlli o progetti concreti.
(toni castellano – tratto da www.gruppoabele.org)