La Corte europea dei diritti umani ha respinto la richiesta del Governo di composizione amichevole nel caso dei due detenuti torturati nel carcere di Asti, decidendo di andare a giudizio e valutare nel merito la questione.
Il caso ebbe inizio nel 2004 quando i due detenuti vennero denudati, condotti in celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo intenso, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Gli venne razionato il cibo, impedito di dormire, furono insultati e sottoposti nei giorni successivi a percosse quotidiane anche per più volte al giorno con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo e giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi.
La vicenda giudiziaria ebbe inizio a seguito di due intercettazioni nel febbraio del 2005 nei confronti di alcuni operatori di polizia penitenziaria sottoposti a indagine per altri fatti. Si arrivò quindi al rinvio a giudizio degli indagati dopo oltre sei anni dai fatti, il 7 luglio 2011. Antigone si costituì parte civile nel processo.
Il 30 gennaio 2012 si arrivò alla sentenza di primo grado e la Corte di cassazione chiuse processualmente il caso il 27 luglio dello stesso anno. Per nessuno dei responsabili si arrivò a condanna, in quanto non esistendo il reato di tortura, si procedette per reati di più lieve entità arrivando, nel caso di due, a prescrizione, mentre per altri due indagati l’assoluzione arrivò per motivi procedurali. Il giudice comunque mise nero su bianco che i fatti, pur qualificandosi come tortura ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite, non potevano essere perseguiti come tali poiché in Italia non esiste una legge che riconosca il reato di tortura.
A seguito dell’impossibilità dei tribunali italiani di garantire giustizia Antigone, con l’avvocato Simona Filippi, difensore civico dell’Associazione, ha collaborato a predisporre i ricorsi alla Corte europea dei diritti umani. Alla stesura e alla presentazione degli stessi collaborò anche Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia. Nello scorso mese di novembre la Corte EDU dichiarò ammissibile il ricorso.
Il governo si limitò a proporre 45 mila euro a ricorrente senza prendere altri impegni.
“La Corte di Strasburgo – dichiara Simona Filippi – a nostro avviso ha deciso di andare avanti in quanto il Governo si è limitato a fare un’offerta economica ai due ricorrenti senza assumersi nessun impegno per sanare la grave lacuna normativa consistente nell’assenza del delitto di tortura nel codice penale italiano”. “Come Antigone faremo un atto di intervento davanti alla Corte” conclude la Filippi.
“E’ ora che il Governo presenti un proprio disegno di legge coerente con il testo Onu e che lo faccia approvare nel più breve tempo possibile” dichiara Patrizio Gonnella. “E’ un impegno governativo a questo punto. Il Presidente del Consiglio dia seguito al tweet che scrisse dopo la condanna europea per le torture alla Diaz, a chiederglielo sono anche gli oltre 54.000 firmatari della nostra petizione”. “Sono trascorsi 27 anni dalla ratifica del Trattato Onu contro la tortura e ogni passaggio temporale ulteriore è faticoso a capirsi”.
(tratto da www.associazioneantigone.it)